mercoledì 15 marzo 2023

Filottrano


Anche se per semplificare i Gang l’hanno chiamato crowdfunding, o cassa comune, nella definizione più prosaica che hanno voluto dargli, questa volta è qualcosa di più. L’hanno già fatto, per realizzare dischi che non avevano mai realizzato (uno su tutti, Sangue e cenere) condividendo l’emozione di costruire qualcosa insieme, senza alcuna distanza tra chi suona e chi, alla fine, ascolta parole e musica, ma per l’occasione sorta intorno al prossimo Fra silenzi e spari, invece di fare quello che desideravano (e ci sarà tempo) i Gang hanno fatto quello che era necessario, ed era ora. Un processo di rivisitazione delle canzoni incise sui dischi dal 1991 al 2000, album come Le radici e le ali o Storie d’Italia, che purtroppo non sono più stati pubblicate. L’industria discografica è un verminaio, le persone sono intercambiabili e il più delle volte serve un avvocato anche soltanto per prendere l’ascensore, per cui è facile immaginare che i Gang, che sono abituati a viaggiare in orizzontale piuttosto che in verticale, non abbiano proprio la volontà di tornare in quei corridoi. D’altra parte, una volta messa una firma, credi nella e sulla fiducia, anche quando la fiducia si rivela un danno. È successo a tutti, di concedere le canzoni e di vedere sparire a tempo indeterminato, per cui di non poterle più utilizzare per inserirle in antologie, colonne sonore (ecco ai Gang manca una colonna sonora originale per un grande film), compilation e assortimenti vari, ovvero per renderle ancora vive. L’unico modo per riappropriarsene è inciderle di nuovo. L’ha fatto anche Suzanne Vega (non una qualsiasi) rivestendo le sue canzoni di nuove atmosfere ed è quello che faranno i Gang che, però, hanno tutto un altro background alle spalle. Una volta esaurita la scorta di comprensione nei confronti della cosiddetta normalità dell’industria discografica (che tanto normale non dovrebbe essere) si sono inventati un mondo, tutto un mondo, alternativo, a partire da dove bisogna partire, ovvero dalla strada. Chi ha avuto modo di seguirli in tour, dove passano tre quarti della loro esistenza, sa che per i Gang ogni concerto non è solo una data sul calendario e un cachet da ritirare (quando va bene), ma è un momento di incontro, confronto, memoria e ogni volta il backstage si trasforma in un villaggio e in un’oasi di umanità dove il collante, l’abbraccio, la linfa stessa dei legami è costituito dalle canzoni, quelle stesse canzoni che da troppo tempo sono sepolte in qualche archivio di una metropoli frettolosa e distratta. La missione, questa volta, la volta di Fra silenzi  e spari non è riportare tutto a casa, anche se per semplificare e per amore di Dylan, i Gang dicono proprio così. Si tratta invece di tracciare una netta distinzione, e non fra i Gang e il resto dell’universo che ha già i suoi problemi, ma fra quello che rimane e quello che è possibile, tra il meno peggio e il meglio di tutto, tra il rimpianto e la speranza, tra il nulla che ci rincorre e un futuro da scrivere. Arriveranno anche altre canzoni, altre storie, arriveranno come la manna, ma intanto i banditi senza tempo si riprendono quello che è loro, e che è di tutti.

Tutte le informazioni necessarie qui: The Gang

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