C’è una poesia insolita nei soggetti fotografici di Guido Spaini, raccolti per la prima volta in un volume, Quasi geometrie, infiniti e altre imprecisioni (a cura di Leonardo Conti, EclipseArte Editore), dove le immagini procedono quasi per sottrazione con una predilezione, peraltro dichiarata nel titolo, per le geometrie, come se la fotografia fosse una questione di linee, più che di luce. L’autore con una discrezione altrettanto rara tende a minimizzare (“Non so, ma mi piacciono le linee”), accarezzando le inquadrature in punta di piedi: l’elemento umano è presente, ma è sempre rarefatto, come se ci fosse una discrezione nell’entrare nello spazio delle persone, aiutata dalla location che è la stessa per tutte.
La ricerca di è collocata attorno a Marina di Pisa che nelle sue immagini diventa un piccolo microcosmo, come ammette lo stesso Guido Spaini: “Marina di Pisa mi piace perché c’è poca gente, amo il silenzio e le poche persone che incontri che ti salutano. Anche se non ti conoscono. Per me è vita, così come lo sono il cielo e il mare”. La costante è uno sguardo costruito da “quasi geometrie” che Guido Spaini rivede, giorno dopo giorno, l’orizzonte marino e lo rilegge, aggiungendo un particolare (un faro, una rete, un figura, una nuvola, una panchina). Come scrive Leonardo Conti nell’introduzione: “Il mondo di Guido Spaini è l’imprecisione di un limite: quello che lega e separa terra e mare. Sono molte le approssimazioni verso quella linea certa, eppure indescrivibile anche per lo sguardo fotografico. Molto accade intorno a quel limite e, da un tempo immemorabile, l’uomo non cessa di avvicinarsi a quel luogo, così come a tutto ciò che è indecidibile: è un segreto fascino quello che lo attrae e lega alle similitudini di sé, egli stesso limite o orizzonte”.
È un’ecologia dello sguardo e insieme delle prospettive, e del colore che si accontenta di un ordine leggiadro, figlio di un accostarsi alla realtà istintivo, ma nello stesso tempo molto accurato. Un passaggio che, momento dopo momento, perché Guido Spaini fotografa camminando in riva al mare, sembra ricordarci l’appello di Gabriel García Márquez quando sosteneva che “bisogna avere fede in qualsiasi immagine originale, che ti dica qualche cosa; se ti dice qualche cosa quasi sempre è perché racchiude qualcosa”.
E mentre lo immaginiamo scrutare lungo un canale che mescola acqua dolce e salata in cerca di un ordine di parallele e perpendicolari che vede solo lui, Guido Spaini con il suo passo silenzioso si è già avviato altrove: “Sto pensando a un progetto sulla solitudine, che mi è molto vicina”. Le onde scuotono la palafitta dei pescatori, una finestra aperta, due ante rosse che spalancate. Forse sbattono contro la parete, le funi sono scosse. Sembra di sentire il rumore.
Magnifica. Magnifica sensibilità al mare, ai cieli, alle linee. Alla solitudine. Foto di sensi e soprattutto occhi ‘interni’
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