lunedì 26 aprile 2021

Milano

C’è una città, ci sono canali sotterranei, c’è un’energia che passa attraverso i graffiti. È una Milano invisibile perché come scriveva Herman Melville “la città è presa dai suoi ratti, ratti di nave, ratti di molo. Ogni civile bellezza e incanto sacerdotale che intimoriva i cuori, legati dalla paura, soggetti a un potere migliore del potere dell’io, questi come un sogno svaniscono e l’uomo arretra per intere età nella natura”. 


Quel riflesso primordiale, ancestrale, non è casuale: quando i writer scendono in metropolitana per lasciare i loro segni, nel Buio dentro, è tutto istinto, intuito, percezione come spiega Mace: “La penombra agisce come un abbassamento visivo, un po’ come mettere la realtà in sordina, ed è nello spazio che resta che si diffonde il fantastico, l’immaginario mentale, il pensiero visivo. Il pensiero visivo però dilaga se esiste, vale a dire, se uno è capace o meno di fantasticare, immaginare, pensare visivamente. Scendere nella metropolitana, entrare la notte all’interno di un deposito di treni, significa proprio questo, ridefinire il nostro rapporto visivo con la realtà per sviluppare altri sensi e abilità”.



La sfida non è soltanto con il Buio dentro. Per arrivare a interpretare i muri delle gallerie e dei tunnel o le fiancate dei treni, bisogna varcare porte e barriere, con stratagemmi fantasiosi, ma non privi di rischi. Ricorda Face: “Come gli altri ragazzini giocavamo a guardie e ladri, solo che i nostri cattivi avevano le pistole vere”.


La città inghiotte ragazzi che si sono ribattezzati con nomi di battaglia. Dentro si muovono con circospezione, sanno che sono in pericolo, ma sono a loro agio: l’adrenalina li sostiene perché, come cantavano i Pere Ubu, “Il sole fa strani scherzi come il trucco di un burlone e giurerei che la città somiglia ad una spiaggia magica perché contro il bordo del marciapiede riesco a vedere infrangersi le onde della strada”.


L’intromissione nel ventre della città mentre in superficie scorrono tangenti e cocaina è un gesto che in sé è carico di una valenza simbolica ancora prima che artistica. Quando emergono la differenza è palpabile, così come ricorda anche Cano: “Spesso dopo aver dipinto tornavamo in superficie per le undici raggiungendo i breaker al muretto, in San Babila. Chiaramente il nostro passaggio per corso Vittorio Emanuele non restava inosservato, sembravamo tre spazzacamini fieri e soddisfatti in mezzo a gente con i vestiti firmati e l’anima immacolata. Ma che ne sapevano, noi eravamo appena usciti dalla nostra Milano, un’altra Milano, una città che ci eravamo costruiti. Fatta di colori, sbirri da cui scappare e tante tante avventure”.


Tra le testimonianze collezionate nel Buio dentro, spicca quella di Craze: “Ognuno cercava di trovare il proprio modo di scendere in questa metro che era il simbolo del writing internazionale, anche se in modo ben differente perché dipingere un treno a Milano, almeno ai tempi, non ha mai avuto la stessa valenza di quello che succedeva a New York o all’estero”. E poi spiega molto bene il senso di quel vivere “sottosopra” quando dice che “in realtà sei solo in una fermata della metro e stai andando in tunnel, ma il fatto di essere all’interno di uno spazio in cui non ci dovrebbe essere nessuno e ne sei padrone è una sensazione incredibile che ti ripaga di tutto”.


Patrizia Gabellini in Tecniche urbanistiche scriveva che il cuore della città non si individua “tanto come spazio determinato o determinata attività, ma piuttosto come idea espressa ora qui ora là, ora da un’attività, ora da un’altra” e citava Ernesto Rogers nel sostenere che “conservare, vivificare o addirittura inventare il cuore, sono altrettanti aspetti del nostro operare e ciascuno implica, e nei luoghi e nelle diverse circostanze, una particolare impostazione dal punto di vista sociale, estetico, tecnico e psicologico”. Laggiù, in fondo, nel Buio dentro hanno trovato un altro cuore. 



Le storie si moltiplicano e si inseguono un dipinto dopo l'altro, una fuga dietro l'altra, ma rimangono filamenti vivissimi di un'altra città, vissuta dentro il cemento e circondati dalla corrente elettrica, ma con un contatto umano indistruttibile, come ricorda Styng: “La magia del writing è che tutte le esperienze di quegli anni creano la consapevolezza di aver condiviso la strada e lo stile”.


Corrado Piazza
Buio dentro. L'età leggendaria del writing underground a Milano
(nuova edizione accresciuta) Shake Edizioni
www.shake.it

1 commento:

  1. La recensione: https://booksnormali.blogspot.com/2021/04/corrado-piazza.html

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