mercoledì 5 giugno 2019

Forte Bard


Terre di passaggio, terre di confine: il gemellaggio tra L’Aquila e il Forte Bard ha radici lontane nel tempo, capaci di annullare le distanze ed evidenziare legami profondi, che sono diventati un appiglio e un nido di speranze nei giorni bui e pericolosi del terremoto. Al di là delle pregevoli qualità estetiche e culturali, la selezione di opere recuperate e restaurate (14 tra oreficerie, sculture in terracotta, pietra e legno, dipinti su tavola e tela) provenienti dalle chiese aquilane e dal Munda, museo nazionale d’Abruzzo, ed esposte negli spazi espositivi di Forte Bard, spalanca un varco nei tempi e nelle geografie italiane. 


Ideata da Marco Zaccarelli, L’Aquila. Tesori d’arte tra XIII e XVI secolo riscopre antiche linee di comunicazione con la città che, nel corso dei secoli, è stata un crocevia economico e di transito, una tappa singolare di grandi itinerari commerciali e un centro artistico ricco di botteghe e scuole capaci di reinterpretare influenze fiorentine, romane e napoletane creando un linguaggio cosmopolita e personalissimo. Una ricchezza confluita in un patrimonio inestimabile e distribuito lungo la storia e su tutta la superficie della città.


Il terremoto della primavera 2009 ha inferto una ferita profonda e drammatica, andando a incidere sui tesori en plein air, scaraventando opere all’aria (come la Madonna con Bambino del primo quarto del XV secolo in pietra locale, volata dall’altezza di quindici metri e, nonostante tutto, arrivata a destinazione praticamente integra), scardinando colonnati destinati a durare all’infinito, allargando crepe e sollevando polvere sulla città. L’Aquila, già capace di risorgere più di una volta, è diventata la prova vivente e concreta del fatto, come scriveva Italo Calvino, che “la città non dice il suo passato, lo contiene come le linee di una mano”. 


Gli anni della ricostruzione, con una lunga scia di interventi di recupero e restauro, se da una parte hanno permesso il ripristino essenziale dei beni danneggiati, dall’altra hanno permesso di accostarsi a volti della città che il sisma, nei suoi effetti collaterali e imprevedibili, ha messo a nudo. Dagli affreschi riportati alla luce dietro gli intonaci sbriciolati dalle scosse alla ricca varietà di maestranze giunte in città per risollevarne le sorti, L’Aquila si è lasciata sfogliare come un libro di miniature, regalando, per ogni pagina, le emozioni di una straordinaria bellezza artistica, costretta a convivere con gli umori altalenanti della sua geologia.


Le opere ospitate a Forte Bard sono, come scrive Lucia Arbace, direttrice del polo museale dell’Abruzzo, l’espressione di “un sentimento di vicinanza e condivisione d’intenti” e riportano la forza di una città che si risolleva maestosa grazie al suo spirito artistico e alla sua innata bellezza. Anche nelle parti più oscure e dimenticate che vengono a galla nell’appendice fotografica, La città nascosta, una serie di scatti suggestivi ed enigmatici, a partire dallo skyline invaso dalle gru, simbolo di un’operosità instancabile che, come direbbe Eugenio Montaleci riporta il tempo nella città rumorosa dove l’azzurro  si mostra soltanto a pezzi, in alto”. In modi diversi, ma con la medesima intensità, succede nelle zone delimitate ancora dalle macerie dove, secondo il fotografo Marco D’Antonio, “L’Aquila non è morta e non è neanche il pavido spettro dell’abbandono come spesso si rappresenta, ma è una città che, per una parte della sua popolazione quella più giovane e più ferocemente colpita dal sisma che le ha tolto la possibilità di conoscerla, è madre, culla, tana e nascondiglio”. Tutta da scoprire, anche in questa lunga e simbolica trasferta dagli Appennini alle Alpi.

Marco Denti (fotografie di Marisa Jans, per gentile concessione)


L’Aquila. Tesori d’arte tra XIII e XVI secolo 
Forte di Bard. Valle d’Aosta, dal 31 maggio al 17 novembre 2019 www.fortedibard.it

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